Archivio | febbraio, 2012

“Sunset limited” di Cormac McCarthy

22 Feb

In onda Mercoledì 22 febbraio alle ore 18 – e in replica Lunedì 27  alle ore 13 –  su Radio San Donà 102.200, Overbooking!

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Continuamo la nostra rassegna di grandi autori e, dopo Alessandro Baricco con il suo “Mr. Gwyn” della scorsa puntata, questa volta Alvise e Ferdinando Morgana dialogano intorno a uno dei libri – “Sunset limited” – di Cormac McCarthy, balzato agli onori del grande pubblico dopo le trasposizioni filmiche dei suoi romanzi “Non è un paese per vecchi” e “La strada”.

  • Titolo: Sunset Limited
  • Autore: Cormac McCarthy
  • Editore: Einaudi (Collana L’Arcipelago)
  • Anno di Pubblicazione: 2008

Recensione

Si potrebbe cominciare dal dire che Sunset limited è un buon libro. Buono prima che bello.

Un buon libro direi che si distingue se è capace di sedimentare e di far germinare a lungo: un buon libro è più terreno che frutto insomma, e come la buona terra che dà buoni frutti va a fondo e ogni strato, dal più fertile e nero al più profondo e compatto, sono in relazione e sostegno l’uno per l’altro. Una buona lettura di questo libro non può quindi prescindere dalla complessa stratificazione di cui è tessuto e in cui lo scrittore si è, visibilmente, compiaciuto, dando luogo a una creazione che ha vita e spazio propri.

Tanto per riassumere il tema […] : “Nero, un uomo di colore, ex galeotto poi fattosi cristiano, salva Bianco, un intellettuale, dal suicidio: stava per gettarsi sotto il Sunset Limited, il treno passeggeri in servizio tra la California e la Florida fino alla fine del 2005, quando l’uragano Katrina devastò la rete ferroviaria di New Orleans e dintorni. Nero porta Bianco a casa sua, ma Bianco non è contento di essere stato salvato: voleva e vuole morire. La conversazione si svolge intorno a un tavolo, i cui lati sono come i due lati dell’Universo”.

A una prima lettura la situazione è semplice e schematica: il bianco è un triste intellettuale scettico, il nero un toccato dalla grazia. Il nero parla e il bianco ascolta. Il bianco non ha argomenti se non la sconfitta dei suoi stessi ideali e il nero è ricco di una ricchezza, una facondia di parola che non è in fin dei conti sua (“quando vi interrogheranno non abbiate timore di cosa dovrete dire, perché sarà lo Spirito a parlare in voi”). Il nero ha ragione e il bianco scappa. Tutto molto chiaro, dall’inizio alla fine.

O quasi. Perché in definitiva è la fine, la chiusa, che riapre totalmente i giochi e alza un cartello grande così: “NON TUTTO È COSÌ CHIARO E SEMPLICE, PER NESSUNO”, e costringe a chiedersi quale sia il senso vero di quel che ci è avvenuto leggendo. In effetti il Mistero, latente (quasi sornione) in tutto il dialogo, irrompe ed anzi straripa nelle ultime tre, quattro frasi e così mette in luce che, in realtà, è sempre stato lì, ma nessuno (nessuno! dei due nessuno) lo aveva guardato. E con quello strappo costringe il nero ad arrivare al centro di sé e chiedere, per la prima volta, la ragione per sé di quel dialogo, invece di cercare le ragioni per il bianco. È questo rovesciamento, questo dentro-fuori-dentro (ciò che era dentro, al fondo del dialogo, finalmente viene fuori, per poter entrare davvero e definitivamente nel nero) che costituisce non la chiave di lettura (le chiavi aprono e chiudono) ma il movimento, il gesto, la gestualità principale del racconto. Dentro-fuori-dentro e a fondo in un contesto che pare chiuso, definito e definitorio: è un modo per lo scrittore di far vedere (costringere a cercare, in primis) il mistero senza mai indicarlo e parlarne.

Cominciamo dal titolo: è il nome del treno che deve “prendere” il bianco, ma questo non lo sappiamo e il titolo è il primo punto di attacco e quindi non possiamo non guardare al potere evocativo che queste parole hanno. Una traduzione può essere, letteralmente, “tramonto limitato”, ovvero “tramonto, ma con un limite, una limitazione”: “limitato” come in “proprietà limitata” o “responsabilità limitata”, che non va oltre un certo limite, che si ferma su una soglia. Un tramonto ma con dei limiti, non definitivo, come se il sole non tramontasse davvero ma si limitasse ad arrivare basso sull’orizzonte, quasi tutto sotto il limite (appunto) dell’orizzonte ma come una promessa di rialzarsi, ri-sorgere (up-rising). L’inglese ha una espressione per questa zona di chiaro-scuro: “twilight zone”, quasi intraducibile, che indica, diremmo noi “l’ora in cui tutti i gatti sono bigi”. Il bianco e il nero si confondono, fondono, scambiano i ruoli. Perché la posizione interessante dell’autore è che, senza “prendere posizione” tra i due, non per questo li confonde in un indistinto “tutti hanno ragione e tutti hanno torto”: è chiaro che uno solo può aver ragione, ma non si sa chi è, e averli portati al “limite del tramonto” li porta a scambiarsi in definitiva i ruoli. Ancora il movimento di rovesciamento che si esplicita appunto nel nero che si interroga su di sé: il problema è il suo, il dramma è il suo, è lui che deve essere salvato, è lui che ha bisogno di un angelo custode che lo venga a salvare.

E dunque non è fin dall’inizio così: chi è tentato (dalla morte, dal fallimento) non è il bianco ma il nero, chi dubita davvero alla fine è il nero, che deve ritrovare la forza di non “prendere il treno” ma di ributtarsi tutto nel mistero. E allora il nero non è l’angelo salvatore: il bianco è forse invece l’angelo tentatore, non mandato da Dio ma da Dio permesso perché la virtù del nero sia provata (Giobbe). La partita non è fra le ragioni del credente e le ragioni dell’ateo: la partita in definitiva è tra il credente e Dio (Giacobbe al passaggio del fiume) e chi ha perso (il nero) può uscirne vincitore (ma segnato nel corpo). Dentro-fuori-dentro.

Perché di una partita evidentemente si tratta: “il nero muove”, “il bianco abbozza una difesa”, “il nero tenta un attacco”, “il bianco arrocca”. È fin troppo evidente nel succedersi di nero-bianco-nero ma anche nell’ambientazione (due davanti a un tavolino spoglio, un tot di tempo a testa) e nella successione delle aperture e delle strategie. Il nero attacca ingenuamente, il bianco è più tattico, il nero cerca tempo per ulteriori mosse ma il bianco lo logora lentamente mangiandogli i pezzi, fino al contrattacco finale, spietato, “il bianco muove e vince in tre mosse”, fine (no). E non si può non farsi venire in mente un’altra grande partita a scacchi con in palio vita e morte: quella tra il Cavaliere e la Morte ne Il settimo sigillo di Ingmar Bergman. La morte lì è nera, sarcastica, terribilmente razionale e il cavaliere bianco muove per scappare dalla morte ma poi per andarle incontro.

Come d’altronde non si può non tenere presente gli altri spunti letterari collegati al tema dell’angelo custode/protettore e eventualmente salvatore di un tentato suicida: La vita è meravigliosa di Frank Capra e Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders. Del primo rimane l’idea dell’aspirante angelo (il nero qui, lì il buffo Clarence) che deve fare una buona azione per meritarsi le ali, nel secondo (più prossimo) il tema del rovesciamento dei ruoli è esplicito, gli angeli scelgono di diventare uomini e gli uomini (lo stazzonatissimo Peter Falk che interpreta se stesso) ricordano di essere stati angeli. Indirettamente quindi anche le poesie di Rilke che fecero da ispirazione a Wenders.

Ripercorrendo all’indietro sono poi tanti gli indizi che costruiscono i molti strati di lettura del libro. Il salvataggio del bianco non è sostanzialmente fisico: quasi non c’è un gesto ma un prima (il tentato suicidio), e complanare l’abbraccio del nero. La stessa presenza e posizione del nero nella stazione ha del misterioso. La stessa ambientazione un po’ claustrofobia (i chiavistelli alla porta, i drogati che assediano la stanza) contribuisce a un’atmosfera di sospensione.

In definitiva il libro che pare in fin dei conti bloccato (tanto che ci si chiede, avanzando nella lettura: “vediamo ora come ne esce fuori, l’autore, da questo avviluppo”) è poi sfondato e riaperto ad ogni possibilità. Avendo dato per centocinque pagine ragione al nero e silenzio al bianco,  rovesciando poi la vittoria dal campo del nero a quello del bianco e riaprendo tutto con l’urlo finale, non c’è nulla di concluso, ma tutto è (di nuovo) possibile. Il nero può farcela. Il bianco stesso, perché dovremmo essere certi del contrario, può farcela.

[Andrea Bonvicini per Libri Consigliati]


Estratto

NERO Quando hai deciso che oggi era il gran giorno? Cos’è, ha qualcosa di speciale?
BIANCO No. Be’, guardi. Oggi è il mio compleanno. Ma che reputi la cosa speciale, proprio no.
NERO Allora buon compleanno, professore.
BIANCO Grazie.
NERO Insomma, hai visto che stava arrivando il tuo compleanno e hai pensato che era il giorno più adatto.
BIANCO Chi lo sa. Magari i compleanni sono pericolosi. Come il Natale. Decorazioni sugli alberi, ghirlande sulle porte, e cadaveri che penzolano dai soffitti di tutta l’America.
NERO Mm. Il che non depone molto a favore del Natale, giusto?
BIANCO Il Natale non è più quello di una volta.
NERO Su questo ti do senz’altro ragione. Al cento per cento.

L’autore

Cormac McCarthy, nato nel Rhode Island nel 1933, è cresciuto a Knoxville, Tennessee, dove ha frequentato l’università ed è poi tornato a più riprese nel corso della vita. Attualmente vive a El Paso, in Texas. Nel catalogo Einaudi sono disponibili Il guardiano del frutteto, Figlio di Dio, Il buio fuori, Meridiano di sangue, la trilogia della frontiera, costituita da Cavalli selvaggi, Oltre il confine e Città della pianura, Non è un paese per vecchi, portato sugli schermi cinematografici da Joel e Ethan Coen, La strada, vincitore del Premio Pulitzer 2007, Sunset Limited e Suttree, pubblicata nel 1979 dopo una gestazione di oltre vent’anni e tuttora giudicata la sua opera più personale e più ambiziosa.

“Mr. Gwyn” di Alessandro Baricco

15 Feb

Siamo tornati!

In onda Mercoledì 15 febbraio alle ore 20 – e in replica Lunedì 29  alle ore 13 –  su Radio San Donà 102.200, Overbooking!

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Dopo una lunga e colpevole assenza, rieccoci sull’etere e online per proporvi le letture che ci hanno più colpito e per passare un’ora in nostra compagnia, fra vaneggiamenti e sproloqui vari!

In studio con noi riappare anche l’impavido Ferdinando Morgana, che presenterà – insieme ad Alvise Favotto – l’ultima fatica letteraria di Alessandro Baricco, “Mr. Gwyn”.

  • Titolo: Mr. Gwyn
  • Autore: Alessandro Baricco
  • Editore: Feltrinelli (Collana i Narratori)
  • Anno di Pubblicazione: 2011

Scheda

Jasper Gwyn è uno scrittore, quarantenne, vive a Londra.

A Jasper Gwyn capita, come dicono capiti prima o dopo a tutti gli scrittori di professione, di desiderare di smettere di scrivere. Basta, chiuso. Tutti a casa.

Scrive allora un articolo per il Guardian, un elenco delle 52 cose che non vuole più fare. Al penultimo punto Pubblicare libri. All’ultimo punto: scrivere libri.

Le cose, però, per chi ha fatto delle parole il proprio sostentamento non sono così semplici come ce le si poteva immaginare.

Alessandro Baricco torna con un romanzo sul sogno privato e l’ossessione di molti narratori, smettere e ricominciare a scrivere. Torna con una parabola leggera sull’amicizia, sulla scrittura, e sullo scopo della dedizione quotidiana – ciò che chiamiamo lavoro o passione. Torna a tratteggiare personaggi che difficilmente rimangono confinati sulla pagina, e che abitano con noi mentre li leggiamo

[scheda a cura di Ferdinando Morgana]